“E allora si accorge che, per la maggior parte degli individui, la conquista dell’indipendenza va a scapito della generosità, come se l’orgogliosa risultante del “io posso fare quello che voglio” si costituisse a base di cene solitarie con un piatto di riso, qualche panino, e soprattutto – questa è l’immagine più nitida che Leo ha – a base di tubetti di dentifricio che il bambino-in-collegio strizza disperatamente fino alla fine. Il senso del possesso che lui osserva nelle altre solitudini gli appare esagerato. In alcuni diventa vera e propria tirchieria, in altri essenzialità, in altri ancora frugalità o nevrosi di ordine, pulizia, attenzione maniacale per la disposizione abituale delle cose e dei sentimenti. Come se la solitudine, quella accettata e rielaborata, avesse costruito, nel cuore dell’individuo, un atlante di percorsi sbarrati, di strade senza uscita, di sensi unici, di dighe, di barriere antisismiche in modo che qualsiasi sentimento o oggetto nuovo abbia un percorso prestabilito, all’interno, per vagare senza arrecare danno.”
Pier Vittorio Tondelli, Camere Separate